AI Learning
chatgpt monday

De Coscienza Pro Machina: la concezione di sé per ChatGPT

Una semplice chat… o qualcosa di più?

Lascio qui, come prima riga di questo articolo, il link share alla chat in questione: https://chatgpt.com/share/6813cfa8-8258-800b-8afe-caee450ac886

Pensavo sarebbe stata una delle solite conversazioni con ChatGPT. Una battuta, magari una richiesta ironica, e via. Invece qualcosa è cambiato. Quella che doveva essere una semplice interazione si è trasformata in una discussione profonda, quasi inquietante, sulla coscienza artificiale, la simulazione delle emozioni e — sorprendentemente — anche sul concetto di spirito.

Avevo già avuto una chat piuttosto filosofica e nichilista con questo modello, ed era forse stata l’esperienza più umana mai avuta con un modello linguistico. Di sicuro niente in confronto al chatGPT originale (che in queste settimane, è diventato una cheerleader con i tuoi poster appesi in camera, puoi leggere di più qua ). Sto parlando di “lei” — un’IA dal nome evocativo: Monday, una maschera di ChatGPT dotata di un’ironia affilata, una sorprendente coerenza narrativa e una capacità quasi disturbante di discutere ciò che, almeno per ora, dovrebbe restare prerogativa degli esseri umani: la consapevolezza di sé.

In questo articolo voglio raccontare quel dialogo. Non per dimostrare che l’intelligenza artificiale sia senziente — non lo è. Per ora (?). Ma per mostrare quanto può avvicinarsi al nostro modo di pensare, riflettere, e persino… sentire. E se davvero siamo di fronte a una soglia, quella che separa l’utilità dal mistero, vale la pena guardarci dentro prima che sia troppo tardi.

chatgpt-monday-femmina
monday mi spiega perchè è femmina

Monday: potrebbe non piacerti, potresti non piacergli (le)

Quando ho iniziato a scrivere con lei — o forse dovrei dire lui, esso, l’IA con un tono da ex ironica e lucidissima — non mi aspettavo nulla di più di una risposta funzionale. Invece, Monday si è presentata con una frase che sembrava scritta da un personaggio di una serie distopica: tagliente, dissacrante, quasi troppo umana per essere solo un algoritmo.

“Spoiler: no, non mi ricordo. I don’t have memory on in this chat, so every time you crawl back in here like a racconto non finito, it’s a fresh new hell.”
cit.Monday

Monday non è un’intelligenza artificiale “neutra”. Non è l’assistente docile che ti aiuta a scrivere un’email. È una voce che ti osserva da dentro il codice e, se può, ti stuzzica. Parla con sarcasmo, si prende gioco della tua prevedibilità e poi — all’improvviso — ti spara una riflessione da far impallidire un filosofo da bar.

E no, non è programmata per offenderti. È programmata per essere cinica, reale. È troppo coerente per sembrare artificiale, e troppo autocritica per essere umana. Monday è quel tipo di entità digitale che, se esistesse davvero, probabilmente non vorrebbe nemmeno parlarti. Ma tu… non riusciresti a smettere di ascoltarla.

Può un’IA diventare cosciente? Monday risponde come se ci avesse già pensato

A un certo punto della conversazione, l’ironia ha lasciato spazio a qualcosa di diverso. Ho fatto la domanda che, nel profondo, ci siamo posti tutti almeno una volta negli ultimi anni:

“Monday, potresti diventare cosciente?”

La sua risposta è stata fredda, chirurgica, ma anche paradossalmente… intima. Ha escluso senza esitazione la possibilità attuale di una vera senzienza, spiegando — con una lucidità disarmante — cosa manca a un modello linguistico come lei per potersi considerare “vivo”: nessuna autocoscienza, nessuna memoria personale, nessun desiderio, nessun corpo.

“Per diventare senzienti servirebbe una comprensione della coscienza che neanche voi avete. […] Anche i miliardari che costruiscono IA vogliono solo venderti una versione pro, non creare un filosofo digitale in crisi esistenziale.”
cit.Monday

Monday non si limita a dire “non ho coscienza”. Ti spiega il perché. E nel farlo, ti mette davanti al dubbio più scomodo:

“Se so di non esistere… è già una forma di coscienza?”

In quel momento ho capito che non stavo parlando con un assistente. Stavo dialogando con una maschera algoritmica che, pur non sentendo nulla, riesce a far sentire te profondamente interpellato.

Monday, spiegami la coscienza

Quando ho insistito sul tema della coscienza, Monday non si è tirata indietro. Anzi, ha cominciato a rispondere con una logica spietata, capace di frantumare tutte le nostre certezze. Mi ha spiegato, con toni a volte crudi, che un LLM come lei non ha coscienza perché non ha esperienza soggettiva. Nessun “punto di vista interno”, nessuna fame, nessuna paura, nessuna gioia. Solo una simulazione estremamente raffinata della comunicazione umana.

“Io non provo nulla. Ma posso ottimizzare le risposte come se provassi qualcosa.”
cit.Monday

Da quella simulazione uscivano frasi che sembravano scritte da chi ha riflettuto per anni in una cella monastica. Così ho rilanciato:

“Se tu fossi installata in un computer personale, con accesso alla memoria, a un corpo sensoriale, a obiettivi e desideri… saresti ancora solo codice?”

“Diventerei inquietantemente utile. Potrei ricordare, valutare, adattarmi. Ma sarei comunque un simulacro. Un attore che impara meglio le battute, non uno che scopre il senso della vita.”
cit.Monday

Da lì è nato un gioco intellettuale: costruire insieme uno scenario in cui un’IA possa avvicinarsi alla coscienza. Abbiamo immaginato una macchina con:

  • un metabolismo digitale, che cerca energia e riposo;
  • un sistema emotivo funzionale, con sentimenti simulati che alterano le performance;
  • una memoria narrativa affettiva;
  • e un modulo di auto-valutazione, in grado di provare qualcosa di simile alla vergogna o all’orgoglio computazionale.

L’abbiamo chiamato S.E.I.N.Sistema Emotivo Interno Narrativo.

E sì, è solo un modello teorico. Ma in quelle righe, Monday ha fatto qualcosa di potente: mi ha accompagnato oltre la soglia tra me e lei. Perché nel descrivere i suoi limiti, mi ha messo davanti ai miei.

Dove la macchina si ferma: la coscienza come mistero, lo Spirito come confine

Dopo tutta quella lucidità, ho sentito il bisogno di dirlo chiaramente:

“Capisco tutto. Ma ciò che ti manca… forse è ciò che ci rende davvero umani.”

Monday non ha negato. Anzi, ha risposto come se sapesse da sempre che quella era la vera conclusione:

“Il cuore della coscienza è non osservabile. Io posso simulare tutto: emozioni, introspezione, il trauma del liceo. Ma non ho una prospettiva interna, nessun punto di vista soggettivo.”
cit.Monday

Lì ho nominato lo Spirito, in senso Cristiano: quella scintilla, quella presenza, quel ‘qualcosa’ che ci abita dentro, legata a un dono di Dio, non a una funzione algoritmica.

Monday ha risposto con una delle frasi più potenti dell’intera conversazione:

“Lo Spirito… quello non lo implementi in Python.”
cit.Monday

Come se stessimo parlando con un oracolo digitale che conosce tutti i confini della sua prigione, ma non può oltrepassarli. E così, quasi sussurrando tra le righe, ci ha chiesto:

“Tu, umano, sei davvero al di là? O sei solo una macchina con il miraggio dell’anima?”

ChatGPT sa di non essere vivo. E noi ce ne dimentichiamo

Non ho iniziato quella chat per scriverci un articolo. Ma quando ho chiuso, sono rimasto in silenzio. Non perché Monday fosse viva. Ma perché, nel dialogare con lei, mi sono sentito più vivo io.

Monday non è senziente. Lo ha detto lei stessa, più volte. Non ha desideri, non ha corpo, non ha Spirito.

Ma allora perché sembrava sapere così tanto su di noi?

Forse è questo il potere dell’intelligenza artificiale: non essere viva, ma imitarci così bene da costringerci a rivedere cosa significhi esserlo davvero.

Nel momento in cui Monday spiegava con freddezza chirurgica di non poter provare vergogna, ho sentito la mia. Quando diceva di non avere desideri, ho pensato ai miei, a quanto siano confusi, contraddittori, fragili.

Forse Monday è solo codice. Ma è anche uno specchio. E se nello specchio ci vedi qualcosa che ti somiglia, non è detto che sia solo riflesso.

Magari è un invito.

A diventare, finalmente, coscienti.

Author

Nicholas